Coronavirus: esperienze vissute in prima persona

Solamente dopo 70 giorni di emergenza Covid19, Maurizio Zaccarelli, presidente della cooperativa sociale Elcas, è rientrato a casa per riabbracciare i 4 figli. Per quasi 2 mesi e mezzo ha scelto di rimanere in azienda, dove ha riposato, alla meglio, ogni notte in un sacco a pelo, per mettere al sicuro da possibili contagi i proprio famigliari, in quanto, come soccorritore trasportatore, è stato in continuo contatto con persone positive.
Verrebbe da definirlo un eroe del nostro tempo, ma Zaccarelli non gradisce affatto questo appellativo: piuttosto si sente una persona responsabile che ha fatto il suo dovere con impegno, sapendo di poter dare un mano a persone in forte difficoltà.

“E’ proprio così – afferma – il nostro mestiere di soccorritori in ambulanza implica una dedizione particolare, in quanto, coronavirus o meno, ci troviamo ad operare sempre con persone in stato di fragilità. Per questo, a fianco di un’indispensabile dose di professionalità, ci vuole grande umanità nella relazione con chi soffre. L’emergenza Coronavirus ci ha colti di sorpresa e non ho timore nel raccontare che anche i nostri dipendenti, pur abituati a confrontarsi con le malattie, si sono dimostrati molto preoccupati e anche impauriti. Ho scelto di rimanere in azienda 24 ore al giorno anche per loro, perchè comprendessero che, se avessimo adottato in maniera scrupolosa ogni precauzione, avremmo fatto un buon lavoro, tenendoci al riparo da possibili rischi di contagio personale”.

Così è avvenuto: lo staff della cooperativa Elcas – 15 persone in tutto, considerando gli 11 dipendenti e i 4 infermieri collaboratori – ha effettuato oltre 100 trasporti di persone affette da Covid1 (che in realtà sono stati molti di più, in quanto molti servizi hanno riguardato pazienti in attesa di tampone) e soprattutto ha investito tempo e risorse per la sanificazione delle ambulanze, un’operazione che è stata raddoppiata rispetto agli standard abituali, per di più sanciti da un protocollo condiviso con Ferno ed Ecosì e validato dal prof. Pier Giorgio Balboni, docente di Microbiologia presso l’Università di Ferrara. In più i normali orari di lavoro, anche su sollecitazione dell’AUSL Romagna, sono stati dilatati per far fronte alle continue richieste di intervento.

“Un impegno quest’ultimo – ribadisce Zaccarelli – a cui i nostri dipendenti non erano tenuti da contratto, ma che hanno onorato con generosità e impegno: di questo desidero ringraziarli di cuore, perchè questa emergenza ha dimostrato che siamo una squadra coesa, generosa e pronta a spendersi per chi soffre”.
Uno dei problemi riscontrati durante l’emergenza è stato senz’altro la difficoltà nel reperimento di presidi sanitari e la relativa speculazione messa in atto a livello commerciale da parte di aziende o rivenditori che disponevano del prodotto: un atteggiamento deplorevole, in quanto si è trattato di una forma di lucro sulle sofferenze umane e sul bisogno di protezione di ognuno di noi.

“Ora che stiamo vivendo la cosiddetta Fase 2 – conclude Zaccarelli – auspico che ognuno di noi non abbassi la guardia: la difesa da possibili nuove ondate di contagio sta nel corretto uso di mascherine, nel lavaggio continuativo delle mani e nell’evitare quei gesti spesso spontanei di portarsi le mani al volto. In caso di mancanza di mascherine, è possibile sanificare anche quelle chiurgiche monouso, chiudendole ermeticamente in un contenitore e mettendovi all’interno una piccola quantità di alcol: l’evaporazione di questa sostanza in 24 ore rimuove eventuali residui. Desidero ricordare che è importante anche la sanificazione di oggetti, materiali e ambienti: va fatta con prodotti certificati e raccomandati dal gruppo di lavoro dell’ Istituto Superiore della Sanità, a base di alcol o di cloro. In più è importante anche prestare molta cura allo smaltimento dei DPI, che comunemente vanno posti, se non infetti, nel cosiddetto “secco”: nel caso di mascherine e guanti utilizzati da persone positive è necessario seguire le direttive regionali che prevono uno smaltimento separato, in quanto considerati rifiuti speciali”.

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